Primavera

Valentino

Oh! Valentino vestito di nuovo,
come le brocche dei biancospini!
Solo, ai piedini provati dal rovo
porti la pelle de' tuoi piedini;
porti le scarpe che mamma ti fece,
che non mutasti mai da quel dì,
che non costarono un picciolo: invece
costa il vestito che ti cucì.
Costa; ché mamma già tutto ci spese
quel tintinnante salvadanaio:
ora esso è vuoto; e cantò più d'un mese
per riempirlo, tutto il pollaio.
Pensa, a gennaio, che il fuoco del ciocco
non ti bastava, tremavi, ahimè!,
e le galline cantavano, Un cocco!
ecco ecco un cocco un cocco per te!
Poi, le galline chiocciarono, e venne
marzo, e tu, magro contadinello,
restasti a mezzo, così con le penne,
ma nudi i piedi, come un uccello:
come l'uccello venuto dal mare,
che tra il ciliegio salta, e non sa
ch'oltre il beccare, il cantare, l'amare,
ci sia qualch'altra felicità.

Alberto ha scritto il primo verso di questa poesia di Giovanni Pascoli e io sono andata a ricercarla. Ha il sapore delle cose di altri tempi, considerando che il poeta poteva essere il mio bisnonno (era nato nel 1855) e io sono arrivata ai 60. E' una delle poesie che mi ricordo, ma solo fino al pollaio che canta. Oltre ad avercela insegnata la maestra, la mia mamma ce la declamava, e insisteva sul cocco: un cocco, un cocco, ecco un cocco per te! Il "cocco" è l'uovo di gennaio, perché gennaio è "ovaio" e chi sta in campagna dovrebbe saperlo, poi, quando arriva marzo le galline diventano chiocce e covano le uova e presto nascono i pulcinini...che nostalgia! Ma soprattutto la felicità, che è una cosa né tanto grande né tanto difficile da ottenere, sta molto nel beccare cantare e amare, ognuno secondo la sua specie.